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ANALISI TECNICO-NORMATIVA

1. Aspetti tecnico-normativi in senso stretto.

A) Necessità dell'intervento normativo.

        La Repubblica italiana ha provveduto a recepire la direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, con la legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. Tuttavia, la Commissione europea ha più volte manifestato la propria insoddisfazione per come è stata recepita la suddetta direttiva, specie per quanto riguarda la disciplina del regime delle deroghe ai divieti posti dalla direttiva. Ne è derivata l'attivazione di ben quattro procedure di infrazione (n. 2004/4926, 2004/4242, 2006/4043 e 2006/2131). Poiché le contestazioni della Commissione hanno un serio fondamento, è necessario adoperarsi su un duplice fronte, al fine di evitare una condanna certa da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee. Da una parte, occorre rafforzare il dispositivo della legge 3 ottobre 2002, n. 221, modificando l'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992, dall'altra agire anche in via sostitutiva sulle difformi leggi delle autorità regionali responsabili dell'applicazione delle deroghe. Inoltre, sotto questo aspetto, è anche necessario provvedere con urgenza ad assicurare un adeguato regime di tutela delle Zone di protezione speciale (ZPS), entrate anch'esse nel mirino della Commissione che contesta ulteriori inadempienze in quanto, nel prevedere misure speciali di conservazione, non si sarebbe tenuto conto dei criteri ornitologici individuati dalla direttiva (ma non definiti a livello nazionale). La straordinaria necessità ed urgenza di superare la suddetta procedura di infrazione muove, oltre che dall'esigenza di scongiurare la condanna dell'Italia, anche dall'imminente rischio di pesanti conseguenze finanziarie nel contesto dello sviluppo rurale e della Politica agricola comune (PAC). Per le suesposte ragioni, si è predisposto il presente decreto, finalizzato all'adeguamento dell'ordinamento nazionale alla normativa e agli obblighi comunitari. Con l'articolo 2, si prevedono le misure di conservazione per le ZPS e le Zone speciali di conservazione (ZSC). Con l'articolo 3 si dettano le misure applicabili inderogabilmente nelle ZPS e con l'articolo 4 quelle soggette a regolazione da parte delle regioni. L'articolo 5 demanda ad un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la individuazione delle specifiche tipologie ambientali di riferimento, sulla base dei criteri ornitologici indicati nella citata direttiva 79/409/CEE e delle esigenze ecologiche delle specie faunistiche presenti. L'articolo 6 prevede che tali misure si applicano, se più

 

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restrittive, anche alle zone in questione che ricadono all'interno di aree naturali protette o di aree marine protette; altrimenti si applicano le misure esistenti in dette aree. L'articolo 7 è diretto a rafforzare l'attuale articolo 19-bis della citata legge n. 157 del 1992. L'articolo 8 prevede le procedure per addivenire all'adeguamento della normativa regionale a quella statale di recepimento delle direttive comunitarie e consentire una corretta apertura della stagione venatoria. L'articolo 9 apporta ulteriori modifiche alla legge n. 157 del 1992, necessarie per ottemperare al parere motivato citato e chiudere così la procedura di infrazione. L'articolo 10, infine, reca la clausola di invarianza della spesa.

B)  Analisi del quadro normativo e dell'impatto delle norme proposte sulla legislazione vigente.

        Il presente provvedimento modifica la legge 11 febbraio 1992, n. 157, al fine di adeguarla all'ordinamento comunitario (direttiva 79/409/CEE), intervenendo sugli articoli 1, 18, 19-bis, 20 e 21.

C) Analisi della compatibilità con l'ordinamento comunitario.

        Il provvedimento nasce proprio dall'esigenza di superare le procedure di infrazione avviate dalla Commissione europea per l'incompleto ed insufficiente recepimento della direttiva 79/409/CEE. A fronte di una specifica procedura di infrazione (2001/2211) avviata per il mancato recepimento dell'articolo 9 della direttiva in questione, lo Stato italiano ha approvato la legge 3 ottobre 2002, n. 221, che ha aggiunto un articolo (19-bis) alla legge n. 157 del 1992, per ottemperare a quanto richiesto dagli organismi comunitari. La situazione, peraltro, non è sostanzialmente cambiata perché nell'attuazione di tale norma, molte regioni non si sono puntualmente attenute alle prescrizioni della stessa, modellate sul testo comunitario. Ne è derivato che, dopo alcune contestazioni riguardanti specifiche leggi regionali (Veneto, Sardegna e Liguria), la Commissione europea ha deciso di denunciare «la diffusa e generalizzata cattiva applicazione dell'articolo 9 della direttiva», anche «a causa del non chiaro e non efficace quadro normativo di riferimento (la legge n. 22 del 2002, in combinazione con le varie leggi regionali)» affermando «che la pratica di adottare deroghe non conformi ai requisiti e alle condizioni di cui all'articolo 9 è una pratica di durata più che pluriennale» specie «da parte dell'autorità regionali responsabili dell'applicazione delle deroghe». Secondo la Commissione europea questo quadro negativo è aggravato dal sistema di controllo previsto dall'articolo 19-bis che consta di numerosi passaggi decisionali cosicché «l'annullamento interviene di regola quando la deroga ha esaurito i suoi effetti e, quindi, quando ormai non ha più alcun effetto utile». Ne consegue che tale sistema deve essere considerato «inefficace» (vedi parere motivato 28 giugno 2006, in procedura n. 2006/2131).

 

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D)  Analisi della compatibilità con le competenze costituzionali delle regioni ordinarie e a statuto speciale.

        Il provvedimento, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione e dell'articolo 8, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131, prevede l'intervento sostitutivo urgente del Governo sulle difformi leggi regionali in materia, al fine di risolvere il pluriennale contenzioso con la Commissione europea. Prevede altresì, nelle more, la sospensione degli effetti dei provvedimenti regionali di deroga difformi dalla citata direttiva 79/409/CEE.

2. Elementi di drafting e linguaggio normativo.

A) Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.

        Non sono introdotte nuove definizioni normative nel testo.

B) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni ed integrazioni subite dai medesimi.

        I riferimenti operati sono corretti.

C) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni ed integrazioni a disposizioni vigenti.

        Si è fatto ricorso alla tecnica della novella legislativa per apportare modifiche ed integrazioni ad alcuni articoli (1, 18, 19-bis, 20 e 21) della legge 11 febbraio 1992, n. 157.

D)  Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse del testo normativo.

        Non sono previsti effetti abrogativi impliciti. Peraltro, si prevede che le misure precedentemente adottate sono sostituite dal presente provvedimento. Si tratta della delibera 2 dicembre 1996 del Comitato per le aree naturali protette e del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del 25 marzo 2005.

3. Ulteriori elementi.

A)  Verifica dell'esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all'esame del Parlamento.

        Allo stato, risultano presentati in Parlamento i seguenti progetti di legge nel settore oggetto della disciplina in esame: atti Senato n. 16 e 448 e atti Camera n. 944 e 1074.

 

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B) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della prudenza di giudizi di costituzionalità sul medesimo o analogo oggetto.

        Per quanto concerne la giurisprudenza costituzionale, si evidenzia che secondo il costante insegnamento della Corte costituzionale le disposizioni della legge n. 157 del 1992 rivolte «ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili, corrispondono, sotto questo aspetto, all'esigenza di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, il cui soddisfacimento l'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato, in particolare mediante la predisposizione di standard minimi di tutela della fauna» (sentenze n. 311 del 15 ottobre 2003, n. 391 e n. 393 del 21 ottobre 2005, n. 313 del 27 luglio 2006), anche con riferimento alle regioni e provincie ad autonomia speciale (sentenze n. 536 del 20 dicembre 2002 e n. 226 del 4 luglio 2003). Conseguentemente, lo Stato è legittimato a dettare con legge le disposizioni necessarie a tutelare la fauna selvatica, in attuazione della normativa comunitaria, determinando l'obbligo per le regioni di adeguare corrispondentemente il proprio ordinamento. Nella specie, a fronte delle violazioni compiute dalle regioni, come denunciate dalla Commissione europea, anche con la precisa individuazione delle leggi e dei provvedimenti regionali che contravvengono alla direttiva 79/409/CEE, è stato ritenuto necessario procedere ad un intervento sostitutivo del Governo, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione e dell'articolo 8, comma 4, della citata legge n. 131 del 2003. Tale intervento sostitutivo di urgenza non è, infatti, procrastinabile senza porre a repentaglio la tutela dell'avifauna, stante la prossima apertura della stagione venatoria e l'unità economica della Repubblica, attesa la mancata approvazione dei programmi di sviluppo rurale regionale, in pendenza della procedura di infrazione.